h 2:00
Tempo di Percorrenza
5,30 Km
Lunghezza Percorso
150 mt
Dislivello
In questo nuovo itinerario ci spingiamo ancora una volta verso un luogo di confine, più unico che raro: il Parco Regionale Naturale di Piana Crixia.
Una caratteristica che rende questa località preziosa per il nostro territorio regionale è insita nel valore geologico e paesaggistico che la contraddistingue: si tratta infatti dell'unica area calanchiva di significativa estensione presente in Liguria. Situata in Alta Val Bormida, Piana Crixia detiene anche il record per essere uno dei pochi comuni a confinare con ben 4 province: ad Ovest troviamo Castelletto Uzzone e Pezzolo Valle Uzzone facenti parte della provincia di Cuneo, a Nord-Ovest troviamo Serole, minuscolo comune dell'astigiano, ad Est ci sono, facenti parti dell'alessandrino, i comuni di Merana e Spigno Monferrato mentre orientato a Sud ed ultimo comune confinante, ecco Dego, di compendio della nostra provincia. L'itinerario che andremo a percorrere oggi è quello che segue in maniera fedele il percorso tematico denominato "Sentiero delle Creste" che ci permetterà di visitare il suggestivo paesaggio dei calanchi, formato prevalentemente da strette vallette ramificate, dune e versanti spogli, continuamente modellati dalle acque piovane. Un territorio sempre in movimento insomma, fortemente caratterizzato dal modellamento da parte degli agenti atmosferici a cui è sottoposto. Lasciamo la nostra auto in Località Pontevecchio, presso uno spiazzo dedicato ad area camper, e ci dirigiamo verso la strada provinciale Valpiana alla ricerca dell'inizio del sentiero.
Raggiunta una rotatoria con a lato l'hotel ristorante bar alimentari tabacchi e chi più ne ha più ne metta, "Villa Carla", proseguiamo in direzione "Località Rossi" dove un pannello verticale del Parco Regionale Naturale di Piana Crixia ci accoglie con le prime informazioni riguardanti il percorso!
La valle del Rio Ciazze, ovvero la prima parte del percorso, si snoda ai piedi del monte Bergone (418m slm) che si raggiunge affrontando una parte di sentiero in dolce salita. L'itinerario "Sentiero delle Creste" è sempre ben segnalato con un pittogramma rosso e bianco riportante il numero 1; la sua caratteristica principale è appunto quella di permetterci una visuale dall'alto del paesaggio. I calanchi si formano laddove sussistono alcune condizioni predisponenti, quali la presenza di rocce argillose, la presenza di fratture che permettono l'infiltrazione dell'acqua nella roccia e ne aumentano il potere erosivo, la scarsità di vegetazione, notevoli pendii, l'esposizione dei versanti argillosi verso sud e le condizioni climatiche che portano a fenomeni piovosi intensi e concentrati in brevi periodi dell'anno. Noi ci siamo avventurati su questo cammino in pieno inverno, con una giornata timidamente soleggiata in grado di offrirci temperature neanche troppo rigide, ma comunque attorno allo 0.
A passo svelto seguendo l'ampia pista sterrata, raggiungiamo in breve un pianoro erboso con vista sulle colline circostanti e sui primi calanchi; le piante ed i cespugli che vedremo sono a tutti gli effetti arbusti molto resistenti, in grado di adattarsi facilmente a suoli poco profondi e poveri di sostanze nutritive come questi, assumendo un'importanza notevole sotto il profilo ecologico: esse infatti modificano il terreno e lo rendono più adatto ad ospitare altre specie erbacee più esigenti che avranno l'opportunità di insediarsi nel corso del tempo.
L'intensa azione del ruscellamento delle zone calanchive impedisce di fatto la formazione di humus e rende molto difficile la crescita di una vegetazione propria. Alcune delle specie floricole che incontriamo, per i motivi di cui sopra, sono dette "pioniere" appunto, ovvero piccole piante particolarmente frugali che riescono ad attecchire sui nudi pendii argillosi fungendo da apripista per nuove altre specie.
Dalla sommità dei calanchi si possono individuare le diverse fasi di sviluppo dellacopertura vegetale: dove le piante pioniere riescono a resistere, cominciano ad attecchire i primi arbusti; in seguito al loro sviluppo si forma uno strato di terreno permettendo così la crescita di alberi ad alto fusto con la conseguente formazione di un bosco vero e proprio. Si tratta comunque di un processo lentissimo, che viene spesso interrotto da improvvise frane.
Dopo soli 500 metri di percorso, sulla nostra sinistra si intravede un piccolo stagno ed il grande podere Valgiberta, dove lasceremo il segnavia 1 per continuare seguendo la numerazione successiva. Ignoriamo quindi la carrareccia in discesa sulla sinistra e scarpiniamo su di una breve rampa molto ripida, sul versante esposto a Sud-Ovest del Monte Bergone. Per mezzo di una selletta erbosa ci dirigiamo verso la quota più alta del percorso, i 432 mt slm del Bric Roncaste. I calanchi sono ora visibili sulla nostra sinistra, mentre proseguiamo tra lo spartiacque del Rio della Madonna e la conca di Merana.
Una nebbiolina mista a nevischio sopraggiunge a conferire un non so che di suggestivo al panorama, evidenziando maggiormente la sagoma della torre di San Fermo che si palesa in lontananza.
Facente parte di una rete di avvistamento medievale insieme alle torri di Roccaverano, Vengore, Denice, Castelletto d’Erro e Terzo, essa svolge ancora la sua funzione di vedetta lungo la Bormida di Spigno, oltre all'importante riferimento luminoso che assume nel paesaggio delle buie notti valbormidesi. Chiusa la parentesi piemontese che interessa la nostra vista per alcuni istanti, aggiriamo la sella di Roncaste per incrociare un paio di innesti sulla nostra destra che dovremo ignorare per restare lungo la sterrata nei pressi di un metanodotto, volgendo verso Sud.
Da qui in poi tutto il percorso sarà in dolce discesa.
Per mezzo di un tornante effettuiamo il giro di boa del percorso e incrociamo alcuni alti pini che rompono lo scenario al qualeeravamo abituati fino ad ora.
In questo tratto più "selvaggio", complice il terreno ammorbidito dalle piogge, è possibile scorgere alcune impronte lasciate da cinghiali, caprioli e qualche giovane lupo.
Oltrepassato un doppio tornante, volgendo lo sguardo verso il costone di roccia posto a monte della strada, ecco spuntare i tipici "Muriòn", che catturano la nostra attenzione. Si tratta di irregolari e simpatiche figure rocciose che ricordano dei piccoli funghetti dotati di uno stretto gambo e un buffo cappello di conglomerato. Noi ne fotografiamo alcuni che emergono proprio a lato del percorso.
Passata circa un'ora e mezza dall'avvio, raggiungiamo un capannone e lo sterrato diventa presto un'irregolare asfaltatala. Ci troviamo in Località Ferrieto dove possiamo leggere l'ultimo cartello informativo del percorso e ci dirigiamo verso la parte conclusiva della giornata. Viriamo il senso di marcia di quasi 180 gradi, dove si dirama un'altra sterrata che taglia in piano un ampio valloncello. Si attraversa il piccolo Rio Lava procedendo sul margine destro di un uggioso prato a sfalcio, dove scorgiamo alcune lepriUn'ultima salita ci invita a scollinare tra due stretti valloncelli dove la traccia diventa poco evidente.
La presenza di tre cascine però segna la nostra rotta di arrivo verso la strada provinciale, portandoci in men che non si dica in Località Vignola.
Da qui in poi sarà un susseguirsi di abitazioni rurali, semi abbandonate o chiuse. Sulla sommità di alcune ex botteghe si possono ancora scorgere i pittogrammi delle insegne di alcuni alimentari che offrivano i loro prodotti agli abitanti della zona, oggi ridotti a circa 700 unitàsparse nelle varie borgate. La nostra auto è vicina. Prima di tornare a casa però, una tappa obbligata del nostro itinerario ci porta in zona Borgo dove un curioso manufatto attira la curiosità dei passanti. Sulla sponda di un meandro della Bormida di Spigno si innalza il famoso "Fungo" di Piana Crixia, una forma di erosione del tutto eccezionale per la Liguria e le zone circostanti. Il fungo, alto una quindicina di metri, è formato da un gigantesco masso di roccia ofiolitica sorretto da una colonna di conglomerato. Il gigantesco masso ha protetto dal dilavamento il gambo sottostante mentre tutt'intorno il terreno ha subito gli effetti dell'erosione.
Sembra quasi impossibile che l'alta colonna di ciottoli possa reggere il peso del cappello, ma occorre tenere presente che il conglomerato è molto più solido di quanto faccia pensare il suo aspetto. L'erosione, tuttavia, continua imperterrita il suo operato con un moto lento e incessante. In un futuro più o meno lontano assisteremo sicuramente ad un crollo della struttura, perdendo l'opportunità di tornare a vedere questa preziosa attrazione.