La Via Delle Camalle
Lavagna
Poteva il Camallo farsi mancare questo percorso? Ma certo che no!
Con lo sviluppo di questo nuovo itinerario della linea "To Be Pink", dedicata alle donne di ieri, di oggi e di domani, vi proponiamo la "Via Dell'Ardesia", chiamata anche "Via Delle Camalle", un sentiero ad anello che si sviluppa nel comprensorio dei comuni di Lavagna e Cogorno, a perenne ricordo delle cosiddette portatrici, che operavano instancabili in queste zone.
Storicamente dobbiamo collocarci attorno alla fine del 1100, età in cui prese il via una fiorente attività estrattiva dell'Ardesia del Tigullio, nella zona che intercorre tra il Monte Caucaso, alle spalle di Chiavari, ed il Monte Zucchetto, in prossimità della Baia del Silenzio di Sestri Levante.
Questa particolare pietra, unica nel suo genere, venne utilizzata nella zona del Tigullio dove ci troviamo noi oggi sin dall'antichità; ribattezzata anche con il nome di Lavagna per ovvi motivi, la sua caratteristica principale è quella di essere una roccia elastica e facilmente lavorabile, generata dalla lenta sedimentazione di una melma finissima originata dalla progressiva frammentazione dei rilievi circostanti. L'utilizzo di questo materiale venne applicato sia nel campo dell'edilizia sia in quello artistico e decorativo, entrando a far parte parte della storia e della cultura di queste zone.
Ripercorriamo ora insieme questo itinerario partendo dal centro cittadino di Lavagna nei pressi dell'imponente Basilica di Santo Stefano, che si erge maestosa in Piazza Guglielmo Marconi. L'edificio, voluto fortemente dalla popolazione, sorge sulle rovine del preesistente castello della famiglia Fieschi, una delle maggiori dinastie genovesi per importanza. Il loro capostipite, Ugo Fliscus, era un diretto discendente dei conti di Lavagna, il quale continuò a rimpinguare le loro fortune, nel periodo successivo all'XI secolo. I Fieschi furono una delle quattro famiglie di nobiltà feudale più importanti dell'allora Repubblica di Genova, come lo erano i Grimaldi, gli Spinola e i D'Oria.
I lavori necessari per erigere la nuova chiesa furono sovvenzionati da un'apposita tassa sulla vendita del grano, la prima pietra venne posata il 15 agosto del 1650 e la consacrazione a luogo di culto avvenne il 18 ottobre del 1703, attesa per oltre cinquant'anni. Da notare il meraviglioso sagrato a rissêu che impreziosisce la piazza e la laterale loggia marmorea, detta porticato Bignardello, che permette di accedere al monumentale cimitero posto appena dietro l'edificio religioso.
Dopo una fugace visita agli interni, scendiamo le scale poste alla nostra sinistra e ci avventuriamo su Via Dei Cogorno, incontrando quasi subito i cartelli informativi della Via dell’Ardesia e un cippo commemorativo dedicato alle portatrici di "ciappe", donato dalla società operaia di mutuo soccorso il 10 marzo del 2007. Oltrepassato un tornante sulla provinciale, imbocchiamo prima Via Bachini, alla nostra sinistra, per poi continuare su Via Rezza prima e Via Fieschi poi.
Senza attraversare del tutto il ponte della Maddalena, dopo pochi metri di cammino dal suo imbocco, scendiamo verso il lungofiume, risalendo il corso sulla sinistra orografica e attraversando il SIC denominato Foce e medio corso del Fiume Entella. In quest'oasi faunistica, nei pressi della foce, è facile incontrare oche e anatre più o meno inselvatichite, cigni, germani reali, folaghe, cormorani e aironi cinerini. Trascorsi circa 1,5 km su Via Lungo Entella, un piccolo sentierino indicato come Ciclovia dell'Ardesia si stacca sulla destra per congiungersi verso il fondo con il principale Corso Risorgimento. Attraversata la strada ecco Via Alla Basilica Dei Fieschi: siamo ormai prossimi a varcare i confini comunali di Lavagnaed entrare nel territorio di compendio della municipalità di Cogorno. Le origini del borgo, situato tra la bassa val Fontanabuona e la val Graveglia, risalirebbero all'epoca pre-romana. I signori di Cogorno, discendenti dalla famiglia Fieschi, cedettero il feudo alla Repubblica di Genova, estendendo ulteriormente i loro confini. La strategica alleanza con i pontefici Innocenzo IV e Adriano V, anch'essi del ramo famigliare fliscano, favorì la costruzione della Basilica di San Salvatore, nella frazione omonima. Attraversando Via Betulla, ci immergiamo in un contesto fiabesco nel quale ci soffermiamo incantati. Attorniati da vigneti disposti a ventaglio, dove riconosciamo il Vermentino e la Bianchetta, uvaggi storici vinificati in purezza dell'azienda agricola "La Ricolla", attira la nostra attenzione un'imponente torre quadrangolare con quadrifore, in puro stile ligure. La cuspide centrale del campanile, che custodisce al suo interno sei campane intonate secondo la scala musicale diatonica in Re Maggiore, è racchiusa ai quattro lati da guglie in ardesia. E’ il monumento di maggior pregio del borgo nel quale ci troviamo, che ci fa immergere per davvero in un'altra epoca ed è risalente alla metà del XIII secolo. Lo stile con il quale venne concepito è una fusione di romanico e gotico, dove prevale l'impiego della pietra nera di Lavagna alternata al sapiente utilizzo del marmo bianco di Carrara. Il polo religioso fu molto importante per lo sviluppo del territorio soprattutto perché venne identificato come tappa obbligata da parte dei pellegrini diretti a Roma in cammino sulla via Francigena. Considerata uno degli edifici di culto romanici tra i più pregiati e meglio conservati della Liguria, dal 1860 può fregiarsi del titolo di monumento nazionale ed occupa il 5° posto della classifica nazionale dei luoghi del cuore del FAI; altre rappresentanze liguri in questa classifica le possiamo trovare solamente oltrepassata la trentesima posizione: Villa Pallavicini a Rivarolo è al 36° posto, Villa Sultana ad Ospedaletti al 78° ed il Santuario dell'Eremita di Mallare, da noi raccontato in un passato itinerario, si trova all' 86ª posizione. Adiacente alla chiesa, che si affaccia sull'ogivale Piazza Innocenzo IV, troviamo ancora l’ex oratorio barocco di San Salvatore ed il Palazzo Comitale dei Fieschi, sede di un museo permanente sui fasti del periodo papale della nobile famiglia. É giunto ora per noi il momento di lasciarci alle spalle l'incantevole borgo di San Salvatore per dirigerci sulle alture circostanti, preparandoci psicologicamente ad affrontare un dislivello positivo di circa 700 mt. Seguendo la cartellonistica dei “Sentieri del Sangiacomo” passiamo accanto al piccolo cimitero e voltiamo a destra all'altezza dei civici 4 - 6 e 8, su di un percorso a gradoni che si svilupperà, da qui e per i prossimi 4 km, in forte salita. La faticata ci porterà obbligatoriamente ad attraversare diverse strade secondarie, alcune segnate ed alcune no, incrociando orti, uliveti ed un castagneto, fino a ritrovarci immersi nella più classica macchia mediterranea. Giunti in località Breccanecca (un nome che dovevo scrivere perché una volta letto mi è rimasto in mente tutto il giorno) tocchiamo quota 230 mt e troviamo uno spiazzo da dove poter ammirare il panorama su Chiavari e Lavagna. Riprendiamo presto il cammino, facendo un doveroso appunto su come i vecchi liguri abbiano saputo maneggiare l'ardesia.
Sicuramente per merito della sua abbondanza e della facilità con la quale veniva estratta, ogni cosa che notiamo, dai muri di contenimento alle ciappe sul selciato, o ancora i tetti, gli scalini, le mensole, i cippi commemorativi e alcune targhe delle vie, è lavorata su base originaria in pietra di Lavagna. Non tutti i lavori in cui è stata impiegata, però, sono stati appropriati al tipo di materiale che è l'ardesia, è evidente, tant'è che alcuni manufatti sono stati irrimediabilmente danneggiati dal passare del tempo. Raggiunta quota 538 mt slm eccoci in prossimità della Cappella di San Giacomo, situata sull'omonimo monte.La posizione sulla quale è edificata, da dove si apre un meraviglioso panorama sul mare, è il luogo dove sosteremo per goderci il pranzo.
Per mezzo di un'installazione verticale ci annotiamo spunti ed informazioni sulla zona di compendio del Massiccio San Giacomo - Capenardo, dove la presenza di cave d'ardesia prende il sopravvento. Tramite il sentiero su crinale che andremo ora a percorrere, ci portiamo sino a quota 701 mt slm presso il Monte Le Rocchette e assaporiamo quel sentore antico di storia che interessò per secoli la fiorente attività estrattiva del Tigullio.
I primi giacimenti di ardesia ad essere sfruttati intensivamente furono quelli di Uscio e Recco, in epoca antecedente al XII secolo. Ad esaurimento, in rapida successione, il maggiore centro di estrazione divenne prima il Monte San Giacomo, mentre dalla metà del XIX secolo, il fulcro dell'attività si spostò nella Val Fontanabuona.
Come dicevamo poc'anzi, in tutta la zona è possibile rinvenire evidenti tracce dell'importante ruolo dell'ardesia nell'edilizia, nell'architettura e nell'arte locale. Di recente scoperta è una necropoli pre-romana le cui sepolture furono realizzate interamente con lastre di ardesia; pensate che anche lo stesso nome Tigullio e dei suoi abitanti, i Tigulli, sembrerebbe provenire dal termine latino “tegula” ovvero “tegola” con diretto riferimento alle lastre di pietra usate come coperture dei tetti.
Oltrepassata la sommità delle Rocchette, inizia una ripida discesa; possiamo dire infinita, perché ci accompagnerà per tutto il tragitto sino a riportarci all'auto: sono quasi 3 ore e trenta minuti che camminiamo e ne mancano ancora un paio.
Da questo punto in poi il sentiero della Via dell'Ardesia è completamente rimesso in ordine e mantenuto dal gruppo degli alpini di Cogorno e si presenta come uno dei tratti più belli e affascinanti di tutto il percorso. Qui la forma delle ciappe in ardesia assume sembianze e dimensioni diverse a seconda della posizione in cui sono state sapientemente posizionate.
Un territorio aspro che, come nella maggior parte di Liguria, è stato modificato grazie alla fatica dell’uomo, ma anche delle donne - non dimentichiamolo - addomesticandolo nei secoli attraverso la costruzione di terrazzamenti connessi a migliaia di metri quadrati di muretti a secco e di scalinate.
Scalinate interminabili appunto! La suggestione che offre il panorama tutto attorno a noi, inoltrati ormai nel fitto bosco, è sempre più influenzata dalla vista panoramica della costa e del mare e dalla presenza di fabbricati rurali in pietra ormai abbandonati, testimoni di una civiltà passata dedita anche all'agricoltura.
Raggiungere località Crocetta ci impegnerà ancora 40 minuti a passo stanco, e da qui in poi, manterremo la nostra destra e, percorrendo una stretta carrabile asfaltata, raggiungeremo località Carmo, un bel poggetto panoramico di prima collina. Passando adiacenti ad un piccolo campo santo, scendiamo qualche altro scalino e costeggiando l’antico Oratorio della Santa Croce, ci ritroviamo dinnanzi ad un imponente leccio monumentale che ci apre la vista alla chiesa di Santa Giulia di Centaura (anno 1654). Attraversato il bellissimo sagrato, possiamo sporgerci da un davanzale con vista impagabile sulla costa di Sestri Levante e la Baia del Silenzio, le foto sono d'obbligo. La via dell'Ardesia prosegue a lato dell'asfaltata, offrendo molteplici scorci suggestivi che si aprono tra le fronde degli alberi negli orticelli.
Un piccolo campanile, con un'àncora più piccola campana, richiama la nostra attenzione: siamo in prossimità della cappella campestre di San Benedetto, ormai in abbandono totale. Ultima salita, ultimo sforzo.
Arriviamo in Via Monte ed il centro urbano incalza velocemente al lato della strada, presentando alti palazzoni e parchetti pubblici.
Continuiamo su via Dante e ci rifugiamo infine in un piccolo bar, dandoci modo di chiudere la trekkinata passando per i famosi e caratteristici portici.
Percorso in numeri
h 5:30
Tempo di Percorrenza
15,00 Km
Lunghezza Percorso
680 mt
Dislivello